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Cecilia Pavone - Discorso sul tempo ritrovato 

L’elegia del tempo perduto, del ricordo individuale che diviene memoria universale attraverso il ricollegamento alla temporalità circolare dell’eterno ritorno, permea la poiesis di Enzo Tempesta (Molfetta, 1953). Ispirato dai linguaggi rivoluzionaridelle Avanguardie storiche e dell’arte concettuale, prodromi della postmodernità, l’artista compie un viaggio esistenziale declinato da atmosfere intimiste, che sfocia nella riflessione sul rapporto tra tempo lineare e tempo ciclico. E lo fa aprendo il suo scrigno di “memorie nascoste”, provenienti dalla sua “vita segreta”, dagli “archivi privati” della memoria: fotografie d’antan, installazioni costituite da objets trouvès, collage, lettere sigillate in ceralacca adagiate su teche di legno, riproduzioni fotografiche delle sue stesse opere, ma anche un registro, un dizionario e una macchina da scrivere, che testimoniano l’interconnessione tra linguaggio e pensiero, espressa nell’analisi di Vygotskij. Oggetti che raccontano un passato ormai remoto ma che, nella loro fattità, esprimono la possibilità di sperimentare la dimensione del ricordo non solo come contemplazione nostalgica ma anche attraverso la dialettica della ripetizione, che rende viva l’esperienza passata, così come delineata nel pensiero di Kirkegaard. 

La mostra antologica negli spazi di Artpoetry, a cura di Salvatore Luperto e Anna Panareo, ripercorre la produzione artistica di Tempesta, avviata subito dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bari. Tra le opere in esposizione vi è “Ricostruzione di ambiente” (1974/2018), ritratto fotografico dell’installazione “Ambiente”, selezionata nel 1975, nell’ambito della X Quadriennale di Roma. Una sedia, un comodino e un ritratto di famiglia incorniciato raccontano, con richiami all’essenzialità di Kosuth, il viaggio di Tempesta nel multiverso dell’arte concettuale.
La dicotomia tra parola e silenzio, e la riflessione sulla relazione tra le categorie a-priori tempo-spazio risultano espresse, infatti, attraverso richiami all’opera di John Cage (argomento della tesi di laurea di Tempesta) e di Man Ray, con i metronomi modificati di -“Silenzio – omaggio a John Cage”, “1888 – 1988 genealogia”, entrambe del 2017.

Il tributo a Duchamp è costituito, invece, da “Dans la cave de Gratiolet” (2019), installazione composta da una valigia ispirata alla celebre “Boîte-en-valise” dell’artista dada, ma anche da un’opera della serie inedita “Icone”, che comprende omaggi a Pascali, a Yayoi Kusama, e a Beuys.
La riflessione di Georges Perec sul significato “sentimentale” dell’oggetto, testimone della vita quotidiana che delinea il vissuto individuale, permea “Tutto ciò che ho / Tutto ciò che resta” (2020), installazione presentata anche nell’ambito della mostra barese del 2020 “Pièces, 10 opere ispirate a La vita, istruzioni per l’uso di Georges Perec”. L’opera è formata da una scatola in legno sigillata e contenente dieci fotografie, raccolte dall’artista ogni anno, dal 2000 al 2010. L’impossibilità di vederle attiva un processo psichico di pura immaginazione, in linea con la via dell’arte concettuale. Il video “Continuum” (2007), invece, esprime la riflessione sul concetto nietzschiano di eterno ritorno, attraverso fotogrammi che rappresentano il volto del padre dell’artista che si trasforma nel suo e poi in quello di suo figlio, cogliendo la totalità dell’esistenza nell’eternità dell’istante.

 
CECILIA PAVONE - Novembre 2023
Catalogo della mostra 

 
Carmelo Cipriani - Enzo Tempesta: le opere in mostra

 

Si muove nel profondo e sempre vivo solco duchampiano la ricerca di Enzo Tempesta, barese, classe 1953. Già protagonista nel 2018 della personale “Memorie private” presso il Museo Nuova Era di Bari, a cura di Lia De Venere, l’artista propone oggi i suoi lavori a Lecce, nello spazio Art Poetry in via Giuseppe Candido 3, fino al 2 dicembre. La nuova mostra si intitola “Archives. Tracce di un passato presente” a cura di Salvatore Luperto e Anna Panareo, presenta alcune delle opere più rappresentative di Tempesta, che per oltre quarant’anni ha praticato con successo l’attività di grafico, senza però mai tralasciare l’attività artistica, divenuta oggi prioritaria.

La passata esperienza lavorativa, insieme alla laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, certamente ha avuto e continua ad avere un suo peso specifico nella sua arte. La combinazione di elementi eterogenei, l’efficacia delle composizioni, l’attenzione al dato cromatico, sempre concorde e misurato, sono caratteristiche tipiche dei suoi lavori, in cui si condensano memorie passate, storie individuali e collettive.
Tra le opere in mostra, molte delle quali tradiscono riferimenti più o meno espliciti a Duchamp ma anche a Man Ray, De Chirico, Beuys, John Cage, Yayoi Kusama, si vede anche un antico scorcio domestico, grande riproduzione fotografica dell’ambientazione con cui l’artista fu invitato nel 1975 alla decima Quadriennale di Roma. Una riproposizione in chiave memoriale di “una e tre sedie” di Joseph Kosuth in cui la freddezza della tautologia concettuale si stempera nella calda e delicata atmosfera del ricordo.

 

Tempesta nel suo quotidiano operare attinge liberamente al mondo materiale contaminando generi e tecniche, conducendo una raffinata riflessione sulla natura multiforme dell’immagine. Le sue opere sono il risultato di un processo di estraniazione, decostruzione e successiva ricostruzione di materiali di recupero, oggetti già utilizzati da sé o da altri, che conservano una memoria della loro vira precedente. “Oggetti – scrive Cecilia Pavone nel testo critico che accompagna la mostra – che raccontano un passato ormai remoto ma che, nella loror fattità, esprimono la possibilità di sperimentare la dimensione del ricordo non solo come contemplazione nostalgica ma anche attraverso la dialettica della ripetizione, che rende viva l’esperienza passata, così come delineata nel pensiero di Kirkegaard”.
 

Tramite l’assemblaggio e il ready made, Tempesta scandaglia una realtà plurima, mettendo in rapporto situazioni e ricordi spesso distanti tra loro. In un gioco equilibristico di addizione e sottrazione crea un singolare universo iconico dove fa convivere figure e oggetti compendiando differenti coordinate spazio-temporali. La vita fluisce nelle sue opere, le informa con la sostanza viva del ricordo, mentre il tempo si stratifica, ricordandoci l’ineluttabile impermanenza del tutto.

 

CARMELO CIPRIANI - Il Nuovo Quotidiano di Puglia 17/11/2023

 

 

Salvatore Luperto - Il presente, passato per sempre, ancora presente

Il rapporto tra passato e presente, tra scrittura e immagine, nei lavori di Enzo Tempesta (artista barese del 1953) è costante nel suo percorso artistico di autore orientato e ispirato dall’arte d’avanguardia e dalla neo avanguardia del secolo scorso. Affiorano spunti e approfondimenti dalla mostra antologica Archives, tracce di un passato presente che rinviano al suo archivio personale reale e mentale. La memoria è il magazzino delle idee e dei ricordi che interagiscono per definirsi e concretizzarsi in un’opera attraverso il recupero di scritture e oggetti dimenticati, scomparsi dalla mente. Oggetti smarriti e poi ritrovati, e poi rinati a nuova vita in opere in cui si rilevano rimandi concettuali ad un particolare dadaismo di valore simbolico che proviene da Duchamp come nell’opera raffigurata in copertina Dans la cave de Gratiolet, 2019 (ispirata al romanzo La vita, istruzioni per l’uso di Georges Perec ), la vita come un puzzle di vicende le cui testimonianze e il ricordo di ognuna sono custoditi in una valigia vintage di cartone semi aperta, in posizione verticale, da cui si riversano alla rinfusa foto del secolo scorso con piccoli oggetti tra cui una bambolina di plastica priva di arti, il cui significato simbolico allude a ciò che rimane del tempo passato. Frammenti di un presente trascorso per sempre il cui ricordo lo rende ancora presente nonostante i labili dettagli della vicenda vissuta, simili a una foto ingiallita, sbiadita, la cui immagine è destinata lentamente a scomparire.

Analogo concetto nell’opera simbolica Le miroir de Letizia. Un antico specchio con manico affisso alla parete rivestita di carta da parato, che riflette un ritratto femminile evanescente. Que reste t-il de Letizia? È la domanda che pone l’opera nello stile di Magritte: un ricordo destinato a scomparire del tutto com’è presumibile sia stato alla persona del volto effigiato.

Nei lavori di Tempesta è presente la poetica dadaista del ready made modificato di Man Ray nel connubio oggetto-segno (parola e/o immagine). Il procedimento simbolico è analogo a quello letterario. Il segno applicato all’oggetto come in Silenzio (omaggio a J. Cage) - 2017. L’oggetto modificato di Tempesta è in realtà un doppio omaggio: 1- il metronomo con il ritratto di Cage sul peso-lente, in sostituzione dell’occhio di Lee Miller sull’astina che segna il tempo è l’omaggio di Tempesta a M. Ray; 2 – il metronomo che non scandisce il tempo con la foto di Cage sul peso bloccato è la metafora del “silenzio” (apparente), che come il tempo non è assoluto, è l’omaggio a Cage.

Dal doppio omaggio al duplice senso nell’opera Icone… omaggio a Marcel Duchamp in teca plexiglass ispirata da Man Ray in quel gioco del doppio attraverso cui il volto ritratto è trasformato in un’immagine doppia di Duchamp raffigurato nelle sembianze di Rrose Célavy, un altro personaggio che si presta ad ulteriori enigmatiche interpretazioni a partire dal nome.

Tempesta elabora le immagini, in particolare quelle che rientrano nella sfera dei suoi sentimenti familiari, duplicandole, triplicandole alludendo alle trasformazioni del tempo nel suo lento o veloce fluire, trasfigurando la realtà in altre originali immagini dall’evidente significato allegorico. 

I suoi lavori discendono concettualmente direttamente dal dadaismo, ma anche dalle sue inquietudini e mancanze esistenziali. L’autore, rielabora le sue vicissitudini attraverso le figure del passato a lui care, le accosta a segni, vecchie lettere, fotografie ingiallite con dedica, con macchie d’inchiostro sbiadito e con fioriture d’umidità, ponendosi istintivamente nella linea dadaista. Trasforma e manipola segni, oggetti, scritture e illustrazioni la cui valenza, oltre a ciò che rappresentano, assume valori cosmici, che si prestano ad una interpretazione alchemica per quegli accostamenti insoliti di elementi diversi il cui risultato è indubbiamente sorprendente.

Il collage su tavola Sessantasette + sessantasette si compone di centotrentaquattro frammenti d’immagini, di cover di dischi, di pagine di libro, di fotografie e di illustrazioni tratte dall’archivio personale dell’autore. Ogni ritaglio è il racconto di una vicenda, di una memoria di affetti personali e familiari. Tutti insieme, uno accanto all’altro, formano il parziale puzzle della vita di Tempesta, attualmente parziale, in attesa di arricchirsi di altre numerose tessere prima di essere completato dal tempo.

SALVATORE LUPERTO - Novembre 2023

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